Grandi impianti a biomasse: e la sostenibilità va a farsi benedire

centrale_biomassaQualche tempo fa avevo affrontato il tema molto vulnerabile della sostenibilità che, solo per il principio stesso, richiede uno sforzo ancora maggiore alle energie rinnovabili che ritengono di fregiarsi di tale appellativo, soprattutto quando violano, anche solo per le loro abnormi dimensioni, i bacini territoriali nei quali si vanno ad inserire (vedi post). Situazioni nelle quali si perde di vista quella microgenerazione, fondamentale per essere davvero efficace e strumentale per la realizzazione di un nuovo modello energetico distribuito, sicuramente da parte di grandi centrali a biomasse solide, di potenze superiori a 10 MW, che richiedono areali assolutamente non compatibili con i territori di riferimento. Nell’occhio del ciclone in questi giorni un pacchetto di impianti a biomasse solide, legati in qualche modo a quella che è stata, nel nostro paese, la vecchia filiera dello zucchero da barbabietola, a fronte delle decisioni UE del 2005, quando fu decisa una drastica revisione della regolamentazione delle quote di produzione di zucchero secondo la quale le società produttrici furono fortemente incentivate a restituire le quote contro una forte compensazione economica e quindi, di fatto, alla chiusura degli impianti produttivi. Molti furono gli stabilimenti che vennero chiusi in ogni parte d’Italia, di vari gruppi industriali come il Gruppo Coprob, Italia Zuccheri, Eridania Sadam, Società Fondiaria Industriale Romagnola SpA, etc.. Proprio sulle ceneri di cinque di questi siti ex zuccherifici sottoposti a chiusura che stanno nascendo altrettanti Fiperimpianti a biomassa dalla evidentemente dubbia sostenibilità, beneficeranno dell’incentivo per la filiera corta (70 Km di raggio dal sito produttivo), pur non essendo entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2007, che sta portando avanti Enel Green Power. Una denuncia forte è giunta in questi giorni da Fiper che denuncia “l’ennesima eccezione di trattamento” di cui riporto di seguito, alcuni tratti.

“Dopo il via libera dell’antitrust europeo, lo scorso 28 marzo Enel Green Power ha siglato l’accordo definitivo per l’acquisizione da parte di Enel del 50% di Powercrop, società dedicata alla riconversione energetica dei terreni già destinati alla produzione di barbabietola da zucchero. Con questa acquisizione Enel Green Power parteciperà alla realizzazione di 5 nuovi impianti con una capacità installata complessiva di 150 MW elettrici.
I 5 progetti di riconversione riguardano: Russi (RA) con una potenza di 31 MW, Macchiareddu (CA) da 50 MW, Castiglion Fiorentino (AR) da 19 MW, Fermo (FM) da 19 MW ed Avezzano (AQ) da 30 MW. Da una valutazione FIPER, questi impianti necessiteranno di circa 2.250.000 ton/annue di biomassa legnosa (produzione stimata di 40 ton/ha a umidità 55%) corrispondenti a circa 56.250 ettari di terreni, corrispondenti a una fascia di terra di 100 metri che collega Roma a Milano (circa 561 km) per fornire biocombustibile alle 5 centrali. L’energia prodotta beneficerà dell’incentivo per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in filiera corta, ossia k=1,8 sui certificati verdi pur non essendo entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2007, decorrenza prevista per poter beneficiare dell’incentivo.
Nonostante il Decreto DM 6 luglio 2012 riconosca un bonus specifico per la cogenerazione ad alto rendimento e l’impiego di sottoprodotti per la produzione di energia elettrica da biomasse, assistiamo all’ennesima eccezione di trattamento.”

Forte la denuncia di FIPER per la firma dell’accordo che di fatto sancisce il riconoscimento all’inefficienza produttiva, visto che il calore prodotto per la generazione elettrica verrà comunque dissipato nell’aria.
Laconico il commento del Presidente FIPER, Walter Righini (foto) che sostiene “non c’è da stupirsi,Walter-Righini_imagelarge se nascono i comitati locali contrari all’installazione degli impianti a biomassa. Anche noi gestori di teleriscaldamento a biomassa non condividiamo la scelta di puntare a grandi taglie, non sostenibili economicamente visto oltretutto il calo del prezzo dell’energia elettrica, che inevitabilmente creano distorsioni nel mercato di approvvigionamento della biomassa e non promuovono filiere virtuose date dalla messa in sicurezza del territorio“. Una segnalazione in questo senso, Fiper l’aveva già fatta nel febbraio 2012 all’Autorità Antitrust, denunciando la posizione dominante sul mercato di approvvigionamento del cippato da parte di aziende, produttrici di sola energia elettrica, che beneficiano del coefficiente moltiplicativo K=1,8 sui certificati verdi creando così una palese distorsione di mercato con la quotazione del cippato, e danni proprio alle centrali di teleriscaldamento. Una situazione resa ancora più paradossale dalla netta diminuzione della domanda di energia elettrica in Italia, incentivando nuovi impianti di questa tipologia, quando i cicli combinati a gas, già installati presentano un bassissimo coefficiente di utilizzazione con un aggravio dei costi per il nostro paese. La Fiper ribadisce inoltre il principio secondo cui la rinnovabilità dell’energia prodotta dalle biomasse è subordinata alla sostenibilità della filiera di approvvigionamento e della tecnologia impiegata nella trasformazione in energia elemento essenziale di rispetto anche nei confronti della bolletta elettrica dei cittadini, dalla quale proviene l’incentivazione. Proprio quegli stessi cittadini che potrebbero risparmiare sul costo del riscaldamento domestico, allacciandosi a reti di teleriscaldamento a biomassa, precluso dalla mancata emanazione di un decreto di attuazione dell’articolo 22 del decreto n.28/2011 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE). Ancora una volta l’Italia che supera davvero l’inimmaginabile, in un ambito come quello delle energie pulite, un cui proprio il concetto di “pulizia”, dovrebbe assurgere a valore assoluto e trasversale.
Sicuramente quindi, un concetto quello della sostenibilità che non risparmia certo le rinnovabili, solo per la loro origine, ma entra nel merito non potendo prescindere assolutamente e per nessuna motivazione, dalla attenta lettura delle caratteristiche potenziali dei territori e dei carichi antropici, non esclusa la filiera di approvvigionamento. Una riflessione che ho ben chiaro, solo quando, appena pochi mesi fa ho studiato la Relazione tecnica di progetto di una centrale a biomassa solida  da 15 MWe, con esigenze di oltre 150.000 t/anno di biomassa solida da installare in Toscana, capace da sola di mandare in tilt bacini di approvvigionamento di una parte considerevole della Regione, ben oltre il raggio ideale dei fatidici 70 Km tracciati dal raggio della filiera corta, con evidenti impatti sull’intero sistema anche dei trasporti. Un meccanismo davvero perverso, proprio perché la costruzione di impianti di tali dimensione, oltretutto in regime non cogenerativo ma dissipativo dell’energia termica,  soffoca brutalmente lo sviluppo della micro cogenerazione a biomasse o le centrali di teleriscaldamento oltre che essere un insulto ed uno sgarbo al consumatore e più complessivamente all’efficienza energetica che rappresenta pur sempre la forma più nobile di approccio energetico.

Sauro Secci

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