Settore bancario ed ambiente: ancora preferiti gli “inquinatori” in barba alle famigerate “esternalità”

green-economy_grandeNella diatriba sempre più pressante tra fonti fossili e fonti pulite e rinnovabili, imposta dalla progressiva decarbonizzazione dei sistemi energetici e dalla migrazione verso un modello energetico distribuito ed intelligente, è di fondamentale importanza l’atteggiamento del sistema bancario e dei finanziamenti, motore fondamentale per orientare gli indirizzi e la celerità delle dinamiche. Un tema di grande rilevanza che, per poter essere meglio analizzato, richiede risposte fondamentali ad una serie principale di quesiti come:

  • quali sono le modalità con cui le banche allocano i risparmi dei cittadini?
  • nell’erogazione del credito, tengono conto delle prestazioni ambientali dei clienti?
  • il sistema del credito è orientato a sostenere attività ad alto impatto ambientale e sanitario, oppure tende a finanziare attività eco-sostenibili?

Domande alle quali ha cercato di rispondere una indagine sulla sostenibilità ambientale del settore bancario nel contesto dell’economia nazionale, realizzata da Ecba Project (link sito), analizzando le prestazioni ambientali del settore bancario, sia dirette che indirette, e proponendo indicatori utili anche per la valutazione ambientale del merito di credito.
Si tratta di una ricerca partita nell’autunno 2013, quando ECBA Project, aveva diffuso un interessante studio dal titolo “Ecco il peso dell’esternalità nell’economia italiana. Il contributo dell’analisi costi-benefici in chiave ambientale per migliorare il PIL”, pubblicato sul n°5 2013 di Nuova Energia e scaricabile in calce al post, nel quale si arrivò a quantificare le esternalità ambientali (cioè i costi ambientali e sociali) generati dalle attività economiche nazionali. Un tema a me molto caro che ho trattato ripetutamente nel mio blog (vedi post “Esternalità negative delle fonti fossili e nuovo indicatore SCC: rinnovabili già adesso più competitive“). In particolare lo studio quantizzava il costo delle esternalità, relativamente alle emissioni atmosferiche determinate dall’economia nazionale italiana nel 2012, in 48,3 miliardi di euro che, considerato un PIL nazionale al 2012 di 1.566 miliardi di euro, determinava in peso del 3,1% sul valore totale del PIL relativamente alle esternalità complessive nazionali di imprese e famiglie, in termini di emissioni di gas serra, inquinanti atmosferici e metalli pesanti, secondo una ripartizione ben illustrata dal grafico seguente.

esternalità_Italia_2012

In quella circostanza ECBA Project, aveva fatto una analisi dei fattori di peso dei costi esterni complessivi per fattore d’impatto ambientale, arrivando a determinare che:

  • il 27 per cento è dovuti ai gas ad effetto serra;
  • ben il 72 per cento ai principali inquinanti atmosferici;
  • meno dell’1 per cento alle emissioni di metalli pesanti.

Il fattore di emissione più impattante emerso è quello del PM2,5 con 17,1 miliardi di euro di costi esterni (35%), interamente ascrivibili ad effetti sanitari per malattie respiratorie e mortalità a lungo termine, seguito dalla CO2 con 11,2 miliardi (23%) e dagli NOx con 8,3 miliardi, (17%), con questi ultimi imputabili principalmente agli effetti sanitari associati alla formazione di particolato secondario, e per una parte restante agli effetti di riduzione della biodiversità dovuti al fenomeno dell’eutrofizzazione dei suoli .

ripartizione_costi_esterni_italia_2012

Ma è proprio sul seguito di quell’importante studio, grande riferimento per la corretta contabilità dei costi-benefici delle attività economiche nazionali, che si inserisce un secondo e più recente report di Ecba Project che esplora l’“efficienza ambientale” dell’erogazione del credito bancario italiano alle diverse attività economiche, dal titolo “Ambiente chiama, Banca risponde? I costi esterni ambientali a supporto della valutazione del merito di credito” (link abstract), nel quale si valuta il livello di “attenzione ambientale” dei finanziamenti bancari alle varie attività economiche in funzione delle esternalità ambientali (cioè costi sociali ed ambientali) che queste stesse attività generano.
Dalla ricerca emerge che, anche se il settore bancario non ha impatti ambientali diretti particolarmente significativi, appare invece molto sbilanciato sul fronte dell’erogazione del credito, dove appare evidente una davvero discutibile propensione verso il finanziamento di attività in settori con elevate esternalità ambientali, I costi esterni del portafoglio prestiti del sistema creditizio, calcolati come media ponderata per gli impieghi bancari dell’intensità dei danni sanitari e ambientali dei diversi settori di attività economica, risultano pari a 45 euro ogni 1.000 di valore aggiunto generato dalle imprese. Un valore davvero eccessivo ed insostenibile nel lungo termine soprattutto se correlato al confronto con l’intensità dei costi esterni per il complesso delle imprese italiane che, in base all’indagine di Ecba project, risulta pari a circa 24 euro ogni 1000 euro di valore aggiunto, con un settore bancario che impiega le risorse dei risparmiatori in maniera selettivamente ambientalmente più insostenibile rispetto alla media della realtà produttiva nazionale, contribuendo indirettamente, attraverso il fondamentale strumento del credito, alla generazione ed all’incremento di danni per unità di valore aggiunto pari quasi al doppio di quelli mediamente attribuibili al complesso delle imprese dell’economia. In particolare, l’indice diapproccio intensità di costo esterno ambientale, proposto come indicatore da Ecba Project per le attività economiche delle singole imprese e dei settori di appartenenza, denominato Environmental Cost-Benefit Index (Ecbi), potrebbe migliorare il processo decisionale di valutazione del merito di credito, fornendo alla banca una informazione di sintesi sulle prestazioni ambientali dell’impresa cliente, facilmente integrabile nel processo di valutazione del merito di credito (nella figura a destra un riepilogo della metodologia valutativa utilizzata). L’indagine di Ecba Project sul settore bancario, analizza inoltre le possibili relazioni fra sostenibilità ambientale (valore dell’Ecbi) e tassi sui prestiti nei diversi settori dell’economia (nel primo trimestre 2013 oscillanti fra il 2,3% e 5,0%, con un valore medio pari a 3,3%), con il livello dei tassi che dovrebbe rappresentare il livello complessivo di rischio del finanziamento e, quindi, integrare in se anche l’esposizione ai costi esterni imputabili alle attività d’impresa. Nonostante questo, dall’analisi non emergono evidenze alcune circa una correlazione premiante fra efficienza ambientale di settore e livello medio del tasso d’interesse settoriale, ma anzi, sembra addirittura verificarsi esattamente il fenomeno opposto. Infatti molti dei settori ritenuti finanziariamente più solidi dalle banche, sono in realtà molto esposti alle esternalità ambientali, e viceversa. Un esempio molto significativo è rappresentato, per esempio, dal settore coke e prodotti petroliferi, che presenta 821 euro di esternalità generate a fronte di 1000 di valore aggiunto creato, che beneficia di un tasso fra i più bassi (Taeg 3,0%), e il settore energia elettrica e gas con 172 euro di esternalità generate per 1000 di valore aggiunto, che ha un tasso del 2,9% e la metallurgia con 155 euro, e un tasso del 3,3%. Di contro i settori via via più virtuosi sotto il profilo ambientale, corrispondenti a valori dell’indice Ecbi, almeno inferiori alla media nazionale di 24 euro per 1000 di valore aggiunto, sono tendenzialmente gravati da tassi molto elevati. Eloquenti alcuni esempi, correlati a settori tipici del “Made in Italy”, quali il tessile, che, con 10 euro di esternalità generate per 1000 euro di valore aggiunto, che presenta un costo medio del credito pari a circa 4%, o il settore dei mobili arredamento, che con 4 euro di esternalità generate per 1000 di valore aggiunto, presenta un costo medio dei finanziamenti del 4,45%. Non sfugge a questa regola un altro settore di eccellenza per il nostro paese, come quello alimentare, che con 14 euro di esternalità generate per 1000 di valore aggiunto creato presenta un costo medio dei finanziamenti di circa il 3,7%.
Come dicevo in premessa, lo studio di ECBA Project, dedica una analisi qualche nota,anche ai costi esterni diretti del settore bancario, corrispondenti a quelli direttamente associati ai fattori d’impatto ambientale delle attività di settore, come le emissioni delle flotte aziendali e i consumi di combustibile degli impianti di climatizzazione delle filiali, che sono relativamente bassi, in linea con i bassi costi esterni ambientali di molti settori dei servizi. Al riguardo, nel 2012, anno di riferimento per l’indagine, i costi esterni del settore bancario sono stati pari 47 milioni di euro, corrispondenti all’incirca ad appena un millesimo rispetto al totale dei costi esterni ambientali calcolati per le emissioni in atmosfera del complesso di imprese e famiglie, pari a 48,3 miliardi di euro, come già detto in premessa. Nel dettaglio, i costi esterni diretti del settore bancario sono principalmente dovuti ad emissioni di:

  • CO2 (34,5%);
  • PM2,5 (34,5%);
  • NOx (29,8%);
  • altre categorie di inquinanti con pesi trascurabili.

Segnali davvero poco confortanti del comportamento del credito nel nostro paese, che, nonostante il cruciale momento che impone finalmente di cambiare modello di sviluppo, a me personalmente, e lo dico con amarezza, non stupisce affatto. Se si volesse ragionare in una logica di sostenibilità, dovrebbero essere contrastati gli impieghi del credito bancario italiano che rappresentano una strategia che, oltre a penalizzare maggiormente i proprietari ultimi dei denari conferiti dai correntisti, penalizzati da maggiori esternalità ambientali per unità monetaria prestata, risulta essere pesantemente non sostenibile a livello ambientale, non etica a livello socio-ambientale e comunque non sostenibile anche a livello economico. A seguire una interessante elaborazione grafica di ECBA, relativa all’attuale posizionamento del credito italiano in forma di matrice

ecba_matrice_posizione_credito_italiano-640x447

Infatti, favorendo attività “costose” a livello socio-ambientale, il settore bancario espone i propri crediti a rischi importanti, legati proprio alla non-sostenibilità delle attività economica da loro stesse finanziate e condizionate fortemente proprio dalle esternalità. Secondo i due autorevoli autori degli studi ECBA, Donatello Aspromonte e Andrea Molocchi, co-autori anche dell’indagine,l’esposizione delle imprese affidate al rischio di dover liquidare le esternalità ambientali è concretamente operante nel periodo di durata del prestito e agisce sulla capacità finanziaria dell’impresa di restituire il prestito stesso. Le banche sono esposte alle esternalità ambientali delle imprese finanziate per almeno quattro fattori:

  • il rischio di azioni di responsabilità ad opera della magistratura: come multe, risarcimenti per danni o sequestri preventivi;
  • la difficoltà e incertezza delle garanzie reali offerte dalle imprese: affidate a coprire i rischi ambientali;
  • l’auspicata introduzione di nuove tasse ambientali: per ridurre il carico fiscale sul lavoro a parità di gettito (misura attualmente all’esame del governo in virtù della delega fiscale di marzo 2014) e, non ultimo;
  • il rischio d’immagine della banca nei confronti di cittadini: sempre più attenti a impiegare i propri risparmi in forme di finanza sicura e al contempo etica”.

In conclusione non posso che dire con amarezza, “Care Banche non ci siamo!!”, soprattutto se si vuole, come è giusto che sia in nome del “bene comune”, completare una reale transizione verso una green ed una white economy, con energie rinnovabili ed efficienza energetica sugli scudi. Per questo dovrebbero essere necessariamente riviste le logiche alla base dell’attuale sistema economico, comprese ovviamente quelle bancarie di erogazione del credito. Infatti l’economia green ed i nuovi modelli energetici distribuiti, che rappresentano il nostro futuro, rimettendo completamente in discussione le forti concentrazioni dei modelli energetici concentrati, esaltazione dei monopoli, non può che essere una economia di sistema, nella quale ogni attore del sistema economico deve integrare le proprie azioni in una logica “green oriented” finalizzata anche alla riduzione dei costi esterni del sistema economico fino dal livello di modalità di utilizzo dei fattori della produzione, di cui è parte integrante anche il capitale economico. Quello che mi sento di aggiungere, nell’azione che le banche fanno registrare fino ad oggi, è quella di passare da un utilizzo strumentale e di immagine utilizzato dalle banche per la dimensione ambientale delle attività economiche, ad un vero ed autentico “cambio di verso”, mutuando un motto oggi molto utilizzato.

Sauro Secci

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