Gestione del patrimonio forestale: fondamentale per lo sviluppo delle rinnovabili secondo AIEL

forestaIl comparto delle biomasse che caratterizza più di ogni altro il nostro territorio è indubbiamente quello forestale e della valorizzazione delle biomasse solide. Un settore determinante per dare risposte in chiave di energie rinnovabile ed efficienza energetica, costituendo nel contempo, un arma fondamentale per dare risposte ad autentiche piaghe recenti del nostro paese, rispondenti a nomi come “dissesto e rischio idrogeologico” o “incendi boschivi” ridando in tempo di crisi dei modelli economici correnti, piena vita a quelle comunità rurali, collinari e montane, che hanno permesso nei secoli l0avanzare delle civiltà. Un tema quello delle biomasse solide pieno di grandi opportunità ma anche di grandi rischi se applicate in maniera insostenibile (vedi post “Grandi impianti a biomasse: e la sostenibilità va a farsi benedire”), basandosi di piccoli e piccolissimi impianti o inseriti in reti di teleriscaldamento (solo calore) o cogenerativi (elettricità e calore) strettamente legati alle comunità locali, con potenze massime che tendenzialmente non dovrebbero superare 1 MWe e/o 5 MWtermici. Una configurazione impiantistica in particolare, quella di impianti connessi a reti di teleriscaldamento che, con la tecnologia con turbo generazione ORC, permette di ottimizzare le ore di esercizio, massimizzando i periodi di funzionamento nei periodi di scarsa richiesta di calore per l’essiccazione di biomassa legnosa come cippato o per la produzione di pellets (vedi post “Cogenerazione a biomassa per la produzione di pellets: una grande opportunità per i cicli ORC”). Proprio in questi giorni nel corso della annuale rassegna nazionale legata alla generazione e cogenerazione anche da biomasse McTER di Milano, ho visto presentati alcuni casi altamente virtuosi. Tra questi, uno che mi ha colpito molto è la rete di teleriscaldamento nel piccolo comune di Ledro (TN), nell’alto Garda, dove uno dei leader del mercato dei turbogeneratori ORC come Turboden, ha realizzato un impianto di teleriscaldamento di piccola taglia (300 kW), gestito da Ledro Energia S.r.l. per conto di Alto Garda Servizi Spa, il quale, oltre a teleriscaldare via rete il capoluogo, nei periodi di scarsa utilizzazione dell’impianto, dirotta vapore ad un impianto per la produzione di pellets. Il pellets prodotto serve poi per alimentare una serie di piccole caldaia a pellets “in isola” che garantiscono le esigenze termiche delle piccole frazioni montani del comune, nelle quali non era economicamente sostenibile il costo della rete. Un tema fondamentale questo, per la produzione di un combustibile emergente, con un mercato nazionale del pellets per il riscaldamento, orientato a stufe e caldaie di piccola taglia, che nel 2013 ha assorbito circa 12 Mt/anno, con ben il 90% di importazioni. Un ambito nel quale Turboden ha integrato la sua esperienza specifica anche nel settore della pellettizzazione, esemplificata nel diagramma di flusso seguente:

turboden_pelletts

A tornare su questo tema di grande rilevanza per ridare vigore alle nostre economie montane, così importante in un momento di grande crisi del modello economico che ci haaiel accompagnato negli ultimi 50 anni, è stata in questi giorni Aiel (Associazione Italiana Energia Legno) (link sito, autentico riferimento in Italia per la valorizzazione della filiera agroforestale ed energetica delle biomasse, aderente al Coordinamento Nazionale FREE. L’organizzazione diretta da Marino Berton con un evento organizzato in questi giorni a Verona, dal titolo “La sfida sostenibile dell’energia da biomasse”. Secondo il presidente dell’associazione Domenico Brugnoni, “È urgente, promuovere e dare continuità alla gestione attiva del patrimonio forestale, quale strumento indispensabile per lo sviluppo delle filiere produttive legate ai prodotti legnosi destinate all’edilizia, all’arredamento e alla produzione di energia rinnovabile, la tutela del territorio e la salvaguardia ambientale e paesaggistica, la conservazione delle componenti bio-culturali del territorio italiano, la protezione e prevenzione del dissesto idrogeologico e degli incendi”.
Una posizione, quella di Brugnoni, sostenuta dal fatto che oltre un terzo del territorio nazionale è costituito da boschi e foreste, con gli ultimi 60 anni che hanno visto la superficie forestale più che raddoppiata, passando da cinque a quasi 11 milioni di ettari.
Lo stesso Brugnoni rileva che “questa crescita non rappresenta il frutto di vere e proprie politiche ma, paradossalmente, il risultato dell’abbandono. I boschi, sempre di più, possono rappresentare per il nostro Paese un’importante occasione di crescita e sviluppo imprenditoriale sostenibile, costituendo la base, non delocalizzabile, di un sistema economico che nella produzione di beni ecocompatibili e servizi ecosistemici può trovare ampie opportunità di crescita e innovazione”.
Mi vorrei soffermare proprio su questo “particolare” periodo forestale per il nostro paese, dal momento che questa continua espansione di boschi e foreste, ha raggiunto la cifra record di 200 alberi a testa, andando a determinare per l’Italia il periodo in assoluto più selvoso della nostra storia, almeno in un orizzonte temporale di mille anni. Per capire meglio questo inarrestabile e potente avanzare di boschi e foreste, ci aiuta il Corpo Forestale dello Stato, con la terza edizione del rapporto INFC (Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi forestali di Carbonio) INFC2015, che fa seguito alla seconda edizione del 2005 (INFC2005) e il primo vecchio e lontano censimento del 1985 (IFNI85) (link sito CFS per scaricare i rapporti).
Secondo il censimento 2015 (integrato con i dati dei due rapporti-inventario precedenti), oggi la superficie boschiva cresce inarrestabile ad una velocità media dello 0,6% l’anno, passando dai 199 alberi a testa per ogni italiano, agli attuali 210 alberi, appena 10 anni dopo. In sostanza in quaranta anni, dal 1971 al 2011, la natura si è riappropriata, attraverso alberi, sottobosco ed animali liberi circa 3,5 milioni di ettari italiani, con altri 1,5 milioni di ettari sono stati invece edificati o cementificati, con una perdita nel quarantennio cosiderato, a carico delle superfici agricole utilizzabili di 5 milioni di ettari. Negli ultimi dieci anni poi, dal 2005 al 2015, sono stati liberati dallo sfruttamento umano 600.000 ettari di territorio italiano, ettari che sono diventati selva con animali selvaggi. Oggi in Italia sono coperti da boschi ben 10.982.013 ettari, passati attraverso gli 8.675.000 ettari del 1985 e i 10.345.282 ettari del 2005. Scendendo al livello regionale, le regioni più alberate d’Italia risultano l’Emilia Romagna e l’Umbria con 1.815 alberi per ettaro seguite da Marche e Veneto (vedi tabella e grafico seguenti).

tabella

comparazione superfici forestali su scala regionale – INFC 2005 – INFC 2015 (Fonte CFS)

grafico_aree_boscate

Grafico comparazione superfici aree boscate su scala regionale – INFC 2005 – INFC 2015 (Fonte CFS)

Di contro le regioni meno selvose risultano l’Alto Adige con 884 alberi per ettaro, la Sicilia con 765 alberi per ettaro ed ultimissima la Val d’Aosta con 707 alberi per ettaro. Molto interessante il confronto fra due aree geograficamente contigue come l’industrializzatissimo Veneto, che presenta il doppio di densità di piante rispetto alla Provincia di Bolzano.
Tornando all’analisi di AIEL, l’Associazione sottolinea che la tematica forestale rimane un tema d’interesse strategico trasversale a diverse politiche (economica, ambientale, sociale, culturale) il cui equilibrio è fondamentale per la sostenibilità, fiaccata pesantemente ancora una volta da una crescente sovrapposizione di competenze e ruoli a livello nazionale, regionale e locale che hanno creato incertezze, contenziosi e appesantimento negli iter burocratici che hanno determinano uno svantaggio degli operatori del settore e una scarsa efficacia delle politiche. Secondo il Direttore di Aiel Marino BertonVi è l’urgente necessità di realizzare un adeguamento degli indirizzi nazionali in materia forestale (fermi al D.lgs. 227/2001) per il riordino della disciplina del settore e delle sue filiere al fine di promuovere e dare continuità alla gestione attiva e sostenibile del patrimonio forestale nazionale, alla sua tutela e valorizzazione, nonché per accrescere la competitività del settore e creare nuove opportunità occupazionali”.
Un settore fondamentale per il nostro futuro sostenibile che può disporre oggi di grandi soluzioni tecnologiche ma che manca ancora una volta di politiche di prospettiva di cui il nostro paese è cronicamente carente, proseguendo in una navigazione a vista che finisce per consolidare invece che abbattere il debito pubblico.

Sauro Secci

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